Facciamo due chiacchiere con il concept artist dietro allo strabiliante impatto visivo del promettente videogame AR1FT, definito dai suoi creatori (Three One Zero) come un "first person interactive fiction".
Chiariamo subito una cosa: noi non ci conosciamo, non siamo amici fin da bambini e l'intervista e solo frutto delle mie immense doti da giornalista.
Detto questo passiamo alle domande.
Che scuola hai fatto?
Dopo il liceo artistico mi sono laureato in scenografia all'accademia di Brera, Milano. Ho poi completato la mia formazione artistica seguendo dei corsi alla Red Engine school of design di Los Angeles e alla Concept design Academy a Pasadena.
Come hai capito che il concept artist era quello che volevi fare da grande?
Prima bisogna capire se sono diventato grande.
Che questo sarebbe stato il mio lavoro non è stata un'illuminazione. Ero al secondo anno di accademia senza una chiara idea in mente. Disegnavo bene, ma non più degli altri e mi limitavo a rendere soddisfatti i miei docenti. Nulla di più.
Poi vidi l'episodio di guerre stellari l'attacco dei cloni e pensai: "chissà perché ne parlano tutti così tanto...". Lo guardai numerose volte durante i giorni successivi e quando capii che quell'episodio non era l'unico e neanche il migliore la mia curiosità comincio ad accendersi. Ero affascinato dai modellini, dalla loro resa cinematografica, dai colori, dal design; così iniziai a fare delle cose mie con pezzi di cartone e plastica, imitando uno stile fantascientifico ma improvvisato. Mi divertivo, ma capii ben presto che montare, tagliare e incollare non faceva per me: disegnare era più efficace, più produttivo e, anche se stressante, mi permetteva di esprimermi con maggiore libertà.
Passavo le giornate guardando i siti web dei grandi professionisti del settore, imitando e copiando quello che facevano. Volevo sapere tutto: le scuole, le tecniche, I segreti.
Il passo al digitale fu breve. Già da qualche anno photoshop era la nuova frontiera dell'illustrazione. Comprai una tavoletta grafica su ebay perché intuii che avrei dovuto puntare tutto sui nuovi software, anche se intorno a me molti erano scettici.
Questo è stato un periodo di intensa ricerca che ha acceso la mia passione e ha dato una direzione ai miei sogni. Capii che delle mie capacita potevo farne un lavoro. Avevo circa 23 anni.
E' necessario andare all'estero per avere un'opportunità concreta di lavorare?
Nel mondo dei videogiochi, secondo la mia esperienza, la risposta è un secco sì!
Ma lavorare, paradossalmente, non è la cosa più importante, o perlomeno non la prima a cui pensare. Tutto ruota intorno a sviluppare potenziale e conoscenze. E' necessario viaggiare, conoscere, passare del tempo nei luoghi e con le persone che fanno parte di questo mondo, scambiare opinioni, capire, guardare le cose dal giusto punto di vista. Bisogna essere la persona giusta nel posto giusto perché questa passione sfoci concretamente in una carriera lavorativa. Purtroppo in Italia non esiste un contesto del genere, ci sono piccole realtà isolate di piccoli sviluppatori indipendenti ma nulla di più; c'e un grande seguito di fan e giocatori ma non di professionisti, sviluppatori, designer, eccetera.
Lavorare è una diretta conseguenza della conoscenza e delle capacità acquisite.
Che difficoltà hai incontrato qui in Italia?
Le difficoltà sono di vario tipo, spesso nascoste tra le abitudini e i luoghi comuni.
La prima e più importante è sicuramente di tipo didattico: il sistema scolastico Italiano è chiaramente incapace di creare professionisti per il settore videoludico.
Non è difficile incontrare singoli personaggi dal talento strepitoso, ma tutti, o quasi, hanno studiato all'estero.
Per quanto riguarda i bisogni del singolo professionista invece il problema più grande è senz'altro di tipo economico: si fatica a trovare clienti con la "C" maiuscola, i compensi sono bassissimi, quando vengono corrisposti, e le tasse sono talmente alte che si entra inesorabilmente in uno stato di "sopravvivenza continua". Quindi diventa impossibile investire in attrezzature professionali e corsi formativi, con una conseguente enorme perdita della qualità del lavoro e una costante frustrazione che porta ad accettare condizioni di lavoro estreme e compensi sempre incerti e inadeguati.
C'e infine un problema di tipo "artistico", complicato da spiegare a chi non è del campo, ma comunque molto importante.
Che si parli di videogiochi, film, teatro o intrattenimento in generale, i progetti proposti agli artisti sono: qualitativamente poveri, artisticamente scadenti, gestiti male da persone senza competenza e scarsa conoscenza, spesso pessime copie di copie di altri progetti spacciate per originali, mutilati in ogni comparto per mancanza di fondi. Tutto questo va ad aggiungersi a orari impossibili da sostenere, senza nessun risultato ne gratificazione.
Inoltre un’altra grande difficoltà è stata, ed è tuttora, trovare persone che sappiano sfruttare il tuo potenziale.
Che tipo di concorrenza hai trovato, chi sono i migliori e perché?
Non esiste una concorrenza accanita tra concept artist a livello internazionale, soprattutto nell'industria dei videogiochi. E' un contesto con molte realtà diverse, ma piuttosto coeso. Gli artisti condividono i propri strumenti, le tecniche, i segreti, fanno dei tutorial a prezzi bassissimi o addirittura gratuiti, c'è uno sharing continuo di materiale e di contenuti di alta qualità sia per gli studenti che per gli esperti. In aggiunta facebook, youtube, twitter e simili sono ottimi punti di incontro e confronto.
Chi siano i migliori è difficile da stabilire. Io ho una grande ammirazione per i concept artist canadesi e per quelli americani di origine Asiatica. Di questi ultimi mi affascina la grande organizzazione professionale, il metodo di lavoro, e la disciplina nell'apprendimento dovuta alla loro origine culturale. Credo che questo li renda i più produttivi sul campo. Artisti come Mike Yamada, John Park, James Paick, Feng Zhu sono protagonisti delle migliori produzioni degli ultimi dieci anni.
Quali sono gli strumenti indispensabili che usi per lavorare?
Photoshop, software 3D, tavoletta grafica Wacom, pantoni, china, e i tipici strumenti per il disegno tradizionale, ma sono sempre alla ricerca di qualche tecnica nuova da apprendere.
Se avessi un'opportunità seria di lavorare in Italia torneresti?
Molto volentieri, ma sono ben consapevole che questa opzione implicherebbe esclusivamente la collaborazione con studi e clienti non italiani (purtroppo).
Un consiglio a chi vuole intraprendere la tua stessa strada
Non mollare mai, e prendere questa professione seriamente. Come ho già detto: tutto gira intorno allo sviluppo di un potenziale. Nei miei pochi anni di carriera ho capito che questo è il segreto, soprattutto per chi è giovane. Capire in che direzione sviluppare il proprio potenziale è fondamentale.
L'industria dei videogiochi è fertile, ampia e ricca di opportunità per chi vuole impegnarsi seriamente.
Da un punto di vista tecnico i consigli sono i soliti: studiare, studiare, studiare; fare tantissima pratica, confrontarsi con i migliori e non solo col proprio “compagno di banco”.
Per chi invece vorrebbe intraprendere specificatamente la carriera di concept artist il mio consiglio è di puntare tutto sulle idee prima ancora che sulla tecnica. Saper fare benissimo quello che già sanno fare tutti benissimo semplicemente riduce di molto la possibilità di lavorare, mentre fare bene qualcosa che fanno in pochi (o solo tu fai) ti permette di cogliere molte più opportunità. La tecnica arriva con la palestra del tempo.
Auguriamo una folgorante carriera a questo strepitoso artista.
Oscar ha lavorato anche per: Ezio Frigerio, Dante Ferretti e Disney. Attualmente lavora presso Ubisoft in Canada. Se volte vedere gli altri suoi lavori puntate qui:
http://oscarcafaro.daportfolio.com/
Oscar ha lavorato anche per: Ezio Frigerio, Dante Ferretti e Disney. Attualmente lavora presso Ubisoft in Canada. Se volte vedere gli altri suoi lavori puntate qui:
http://oscarcafaro.daportfolio.com/
coff coff... ricordati che mi hai promesso dei bozzetti in esclusiva all'uscita del gioco...
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